un'artista cagliaritana nella prima metà del novecento
Maria Elvira Ciusa
Roma, maggio 2000
L'opera di Anna Marongiu tra humour e visibile sentire.
Era nata con la matita in mano. I suoi primi disegni risalgono al 1918, quando Anna Marongiu ha appena undici anni e incomincia a raccontare per immagini la storia degli antichi romani. Su fogli quadrettati, rigorosamente datati e firmati, sfila un mondo di eroi miniaturizzati. Muzio Scevola è un omino che sacrifica la sua mano dinnanzi a un incredulo e minuscolo Porsenna; l'imperatore Augusto è un bambolotto imperioso che dal suo letto di morte chiede ai suoi - una piccola schiera di bambini piagnucolanti - se abbia ben rappresentato la commedia della vita.
Ed è la commedia della vita che la piccola Anna rappresenta con freschezza di segno e di spirito anticonformista, raro per l'età; quello spirito dissacrante che non l'abbandonerà mai e che non apprende dai libri.
Questi primi disegni sono già rivelatori della sua straordinaria capacità di illustratrice. La sua matita ribelle coglie
il lato umoristico del quotidiano in un crescendo ricco di creatività.
Nascono nel 1926 le tavole illustrative de "I Promessi Sposi" a cui faranno seguito le duecentocinquantacinque illustrazioni di uno dei capolavori di Dickens: "Il circolo Pickwick", visibili presso il Dickens House Museum di Londra a cui sono state donate dagli eredi, in attesa che l'opera abbia la pubblicazione che merita.
Se nell'illustrazione la Marongiu è da annoverare tra le figure più rappresentative del nostro Novecento, non meno importante è la sua produzione nel campo dell'incisione. Qui il suo humour e il suo elegante e personalissimo segno trovano la loro naturale espressione. Soprattutto nell'acquaforte l'artista ha modo di dare voce al suo innato lirismo e alla sua grafia diventata nel tempo raffinatissima.
Partita dall'osservazione del paesaggio della natia terra, con "Il sentiero petroso" del 1932 - una rara acquaforte che contiene già in sé tutti gli elementi della futura iconografia - la Marongiu rivolge l'attenzione al particolare come rivelatore di uno stato d'animo e di un sentimento del tempo che l'artista esprimerà soprattutto nelle vedute di Cagliari. Sono gli angoli più nascosti e carichi di memorie del Castello della sua città natale ad essere al centro della sua sensibilità. Qui la raffinatezza del segno raggiunge la sua più alta espressione, in un linguaggio volto ad esaltare la luce e la penombra delle architetture di una splendida città mediterranea, ricca di solarità e di colore.
Laddove le "ruine" del tempo possono involgere perfino le memorie del visibile, le acqueforti della Marongiu su Cagliari rimangono testimonianza di un sito di straordinaria bellezza e ricordo di un tempo passato quando l'opera costruttiva dell'uomo incuteva rispetto e ammirazione.