Anna Marongiu

un'artista cagliaritana nella prima metà del novecento

Nicola Valle

L'Unione Sarda 30 dicembre 1971


"... Ogni suo pezzo, da solo, sarebbe bastato per acquistarle celebrità. Ma ad Anna Marongiu non bastava davvero: al contrario, si dimostrava piuttosto insoddisfatta dell'opera sua, malgrado un suo segreto compiacimento che un attento osservatore poteva cogliere in certi suoi fuggevoli ed allusivi riconoscimenti; e che alternava al consueto suo eludere -se non proprio al suo rifiutare - lodi e consensi. Ed era sincera tanto nella modestia quanto nell'orgoglio. Ma era piuttosto silenziosa ed amava isolarsi; ebbe poche amiche e pochissimi maestri; non cercò il successo ed evitava le mostre; lavorava senza smanie di pubblicità e senza l'ambizione di conquistare premi e favori. Tutto ciò si intravedeva vagamente, anzi confusamente, perché non era facile capire bene come la pensasse, neanche ai pochi che avevano frequenti occasioni di avvicinarla e di parlarle. Usciva felicemente dai suoi silenzi, ogni tanto, con una incisione mirabile ed inattesa, sempre nuova, sempre diversa, che rivelava un lungo travaglio, raccoglimento, elaborazione, studio attento del vero; ed una vita interiore che in quelle immagini si manifestava (vorrei dire si narrava) e si rilevava a chi sapeva intenderla, quasi per simboli o figurazioni allegoriche, sulla magia del segno grafico pulito, chiaro, sicuro".

 

 

"... Anna Marongiu si rivelò giovanissima, e fu giudicata subito con grande rispetto e ammirazione". "Con l'aria innocente di un primitivo ma d'altra parte con la consumata perizia di un raffinato, produsse le prime incisioni, rivelandosi di colpo acquafortista nata, anima eletta di poeta, fantasiosa figuratrice di cose e di mondi favolosi, dolcemente idilliaca e arcaica, nonostante qualche lieve oscillazione, ora verso il dramma, ora verso un umorismo garbato".
"All'incisione Anna Marongiu si era dedicata lavorando - si direbbe - con un senso di certezza inconsueta, nell'idea e nell'interpretazione; e nel segno rapido, vigoroso e fermo capace di piegare la tecnica alla propria volontà, e come obbedendo a una coscienza che non conosce zone d'ombra, dove tutto è veduto con una lucidità mirabile, per cui niente è intravisto, per una specie di chiaroveggenza della fantasia, rifuggente dal fumoso e dall'allucinato. Ne deriva un senso di piacevole e spontaneo, capace di conquistare subito sia quando l'ispirazione era data dal paesaggio o da veduta, sia quando le composizioni apparivano nella luce deformante dell'ironia (un'ironia contenuta e sempre di raro buongusto); sia quando la leggenda o il mito si concretavano in immagini che, malgrado la precisione delle linee, vivono liricamente. Non amava davvero incagliarsi tra le punte rocciose del cerebralismo, dunque, o della metafisica".
Nicola Valle